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Il territorio nel medioevo

Il territorio sembra non aver conosciuto alcuna cesura insediativa tra l'età antica e il Medioevo. Una sostanziale continuità di occupazione tra tarda antichità, età bizantina ed età islamica, sia per quanto riguarda i siti d'altura che gli insediamenti rurali, si registra lungo le vallate fluviali, o lungo le principali vie di comunicazione.

La conquista normanna sembra comportare l'accentramento della popolazione rurale nei grossi borghi d'altura, naturalmente forti e dominati da un fortilizio dimora signorile, e il progressivo abbandono dell'insediamento sparso.

Alla fine del XII secolo, la Valle dello Jato faceva parte del Magna Divisa  Jati, che con la Magna Divisa Corilionis e le più piccole Divisa Batallarii e Divisa Kalatatrasi, costituiva il vasto territorio donato dal Re normanno Guglielmo II all'Abbazia di S.Maria la Nuova di Monreale.

La descrizione generale dei confini e quella dei singoli casali e relativi territori che facevano parte dell'arcidiocesi vennero annotati nella Jarida di Monreale, un documento del 1182, redatto in arabo e in latino, di eccezionale importanza per la conoscenza storia e topografica del territorio. Le ricerche archeologiche condotte negli ultimi anni, sia attraverso scavi sistematici che mediante ricognizione di superficie hanno consentito di conoscere alcuni insediamenti fortificati dislocati nel vasto territorio l'Arcivescovato di Monreale, che, avendo in prevalenza una popolazione musulmana, inizialmente fedele al potere regio, in età sveva divennero teatro della rivolta contro l'imperatore Federico II e dei drammatici avvenimenti che portarono alla definitiva espulsione degli ultimi musulmani della Sicilia.

Epicentro insieme con lato della lotta dei ribelli musulmani fu Entella.

Gli scavi che da decenni la Scuola Normale di Pisa conduce sul sito di Rocca d'Entella (1), il possessore bastione roccioso posto al dominio delle vallate del Belice Sinistro, hanno riportato alla luce cinque aree cimiteriali di rito islamico databili tra la metà del IX secolo e la metà del XIII sec., oltre a tre grandi strutture fortificate, di cui il palazzo sul costone meridionale si distingue per le imponenti dimensioni e la singolare presenza di un hamman (2).Sulla cima orientale di Monte Maranfusa, una rocca con pareti inaccessibili posta nella Media Valle del Belice Destro, si conservano i resti del Castello di Calatrasi (3), occupate definitivamente da Federico II nel 1222. Sepolture islamiche messe in luce in diverse aree del monte indicano un cambiamento drammatico da collegare alle ribellioni delle popolazioni islamiche contro l'imperatore svevo. Rimane ancora integro, a valle del monte, a cavallo del braccio destro del Belice, lo splendido ponte ha una luce, di età normanna, noto anche esso con nome di Calatrasi, che un iscrizione purtroppo perduta, datava al 1160 (4).

I resti di un possente luogo fortificato, forse un castello, sono visibili sulla Montagna Vecchia, un'ampia e maestoso tavolato posto al sud di Corleone, dove si sarebbero rifugiati i musulmani ribelli cacciati poi definitivamente dagli abitanti Iatini che avevano ripopolato Corleone. Recentemente sul Pizzo Mirabella, l'alta vetta inaccessibile posta al controllo della vallata dello Iato e dello stretto valico che, superando i monti della Conca D'Oro, conduceva da Palermo nel cuore dell'emirato ribelle, è stato rinvenuto un piccolo insediamento fortificato.

Occupato solo per un breve periodo tra la fine del XII e la prima metà del XIII secolo, è stato messo in relazione con gli avvenimenti che videro Muhammad ibn Abbad, chiamato dalle cronache latine Mirabettus, l'imprendibile capo dello stato islamico ribelle, che coniò anche una propria moneta, resistere negli anni dal 1221 al 1225 alle armate di Federico II. La deportazione degli ultimi ribelli a Lucera nel 1246, voluta dall'imperatore svevo termina la sparizione definitiva dei saraceni e il conseguente popolamento del territorio, che rimarrà quasi del tutto deserto fino alla fine del XV secolo. Infatti, sia le fonti che la ricerca archeologica hanno confermato il definitivo abbandono di molti abitati d'altura e della stragrande maggioranza dei casali alla fine dell'epoca sveva.

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